Che cosa accadeva? Non accadeva niente in realtà, tranne che il sole si preparava a sorgere.
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Metto insieme lettere deserte dal deserto delle lettere, eppure di scriverti non mi è mai passata la voglia, anche dopo tutto questo tempo. Da dietro questi finestrini volevo dirti di quanto ancora mi piace fermarmi a prendere il cappuccino, al mattino presto, ovunque mi capiti di trovarmi. Come ieri a Gaiarine, dove mi sono detta: mi fermo al terzo che incontro, e così mi sono ritrovata in un bar tutto arancione, davanti ad una betoniera di schiuma fumante e due fette di pane di zucca col miele, mentre fuori il sole faceva fatica a diventare giallo risalendo a stento la foschia. Volevo dirti di come questa piccola Italia profonda continui a riempirmi di sorprese, e raccontarti di come ho cominciato a vedere solo adesso tutta un’armata di autobus, per esempio, ai quali prima non avevo mai fatto caso pur avendoli avuti sempre davanti agli occhi, ovunque qui in città. Sì, allora volevo parlarti proprio di questo, delle corriere e dell’esercito di presenze che le abitano, e di come questo popolo che ci vive e ci lavora sopra a volte sembri la proiezione su gomma della ferrovia che ho conosciuto nei luoghi da cui sono venuta: certo, qui si viaggia su – e in – tempi totalmente diversi, ma anche questa dimensione, per quanto parallela, è fatta di tutti gli accenti d’Italia, di sfoghi di pressione e minuti contati, curve, rettilinei e deuteroapprendimento. Mh. Stamattina poi uno dei piccoli, l’ultimo dal quale me lo sarei mai aspettato, mi ha colto di sorpresa correndomi incontro nel piazzale, abbracciandomi e urlando MI MANCHIII!, mentre l’autista artista – il primo, quello che non si scorda mai – salutava dall’alto del suo trono ammortizzato con un sorriso largo così. Pareva niente di che, quando ci stavo sopra, quel piccolo ma efficiente ingranaggio che avevamo messo in essere, e invece ecco che all’improvviso ne valeva la pena, che ne vale sempre la pena. E’ un deserto di tenerezza, quel piazzale, e parla una lingua tutta sua, desertica anch’essa, arida e morbida come il paesaggio dell’Erg. E c’erano stazioni… no, fermate, e orari, e un viaggio che si fa insieme, sul filo di una linea.
Quanto basta, dirai tu. Quanto basta per non averne abbastanza, almeno.
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