Ci vado ogni volta che posso, dicevi una volta, anche se sarebbe più giusto dire che ci torno.
Passano gli anni e succede ancora, e continuerà ad accadere. Di nuovo, e ancora, e ancora. Da questa soglia, da questa cicatrice sulla pelle della terra che fa da ponte tra due regioni, due fiumi, due lingue, duemila morti e altrettanti vivi, due epoche e un’infinità di silenzi, non te ne andrai mai più, che tu decida di restare in questa terra per tutta la vita o meno. Come da quell’altra soglia, quella sulla quale sei nata. Continui a restare incastrata in questi punti di passaggio tra paesaggi e non sai perché, fino a confonderti con essi. Sei il filo d’erba senza nome sui prati che precipitano a valle dal Pra de Salta, mentre prendi le misure e segni il punto preciso in cui siedi, così, a sentire l’aria delle sette e dieci del mattino. Ecco: un puntino grigio di grafite sopra il foglio 21 della Carta Tabacco. Chiudi gli occhi, rilassi i muscoli della schiena e ti lasci inchiodare ancora un momento dalla dolce spinta della gravità sull’erba grassa di pascolo, fradicia di rugiada e intrisa dei ronzii di milioni di minuscole ali. Ma è tutto capovolto, in realtà, e tu sei attaccata a una parete sospesa sullo spazio. Dovresti cadere nel cielo che hai sulla testa e invece, puntino grigio sul foglio 21, resti invisibile e pacificamente, serenamente incastrato qui: dove gli uomini passano come fili d’erba, le vacche fanno latte e spezzatino, le nuvole scendono sul lago a farsi nebbia, e le frane diventano foreste di larici.
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