[Variazione su tema di Erri de Luca.
Lo so che non si fa.]
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Considero valore i mezzi pubblici.
Considero valore il ferro che somiglia alle carne degli uomini: binari, biciclette, scalpello, cacciavite e pinza.
Considero valore la scelta di vivere in un posto dove solo in superficie non c’è niente da fare, la cui ricchezza è invisibile e sta in una profondità da conquistare centimetro per centimetro, sorriso per sorriso, una parola alla volta, anno dopo anno.
Considero valore l’acqua, chi la rispetta e chi come essa sa muoversi in tutte le dimensioni del reale, tempo compreso.
Considero valore il diritto di sbagliare strada, quello di scendere ad una fermata che non era quella prevista dal percorso e arrivare a destinazione a piedi, e nel frattempo perdere definitivamente direzione e trovarne una nuova, così, perché distratti da una pianta dietro un cancello.
Considero valore i toast della stazione di Treviso, che se arrivi al momento giusto ti tocca aspettare che la signora finisca di grigliare le verdure per averlo, ma dopo sei contento anche se per quel profumo hai perso il treno.
Considero valore un giubbotto caldo sformato dagli anni, le traversine di castagno di Sardegna che resistono fieramente al tempo anche dove la manutenzione non esiste, il saper tornare e ritornare nello stesso luogo, a lungo, per vedere come cambia la luce con le stagioni.
Considero valore le pozzanghere, finestre aperte sotto i piedi, e il desiderio di conservarne traccia.
Considero valore il rispetto per il cibo e le voci degli altri, e il non rifiutarsi mai di assaggiarlo e ascoltarle. O assaggiarle e ascoltarlo. E’ uguale.
Considero valore le stazioni dove c’è una voce che annuncia i treni di cui si può ancora distinguere l’umore, le manovre dei merci sui binari lontani da quelli dei passeggeri, e i verificatori che ne ascoltano il canto segreto risvegliandolo a colpi di martello come sapienti musicisti.
Considero valore il saper dare un senso ai disastri della vita, non odiare i capelli bianchi, l’essere convinti del fatto che, finché non si tratta delle analisi, ogni cosa in un modo o nell’altro si risolve.
Considero valore la volontà di fare il meglio possibile con quello che si ha a disposizione, anche se è niente, quando arriva il momento.
Considero valore il sudore: quello di una giornata pesante, del caldo dell’estate, della passione, dei viaggi lunghi un paese intero. Italia o Russia, non fa differenza.
Considero valore sapere come si ringrazia e si saluta nella lingua di là dal confine, qualsiasi esso sia – politico, fisico, immaginario come la linea numerata che taglia in due una piazza o vero come un orlo di monti celesti all’orizzonte.
Considero valore il coraggio di dire, di dirsi: avevo creduto di non aver vissuto pienamente. Ma mi sbagliavo.
La mia razza era fatta di personale non viaggiante: questi sono fra i pochi valori che ho veramente conosciuto.
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