Di cose leggere e vaganti

(corto circuito per via di un’immagine vista altrove)

Per l’aria mattutina corse un filo di vento. Un grappolo di bolle si staccò dalla superficie dell’acqua, e volava volava via leggero. Era l’alba e le bolle si coloravano di rosa. I bambini le vedevano passare alte sopra il loro capo e gridavano: – Oooo…
Le bolle volavano seguendo gli invisibili binari delle correnti d’aria sulla città, imboccavano le vie all’altezza dei tetti, sempre salvandosi dallo sfiorare spigoli e grondaie. Ora la compattezza del grappolo s’era dissolta: le bolle una prima una poi erano volate per conto loro, e tenendo ognuna una rotta diversa per altitudine e speditezza e tracciato, vagavano a mezz’aria. S’erano, si sarebbe detto, moltiplicate; anzi: era così davvero, perché il fiume continuava a traboccare di schiuma come un bricco di latte al fuoco. E il vento, il vento levava in alto bave e gale e cumuli che s’allungavano in ghirlande iridate (i raggi del sole obliquo, scavalcati i tetti, avevano ormai preso possesso della città e del fiume), e invadevano il cielo sopra i fili e le antenne. Ómbre scure d’operai correvano alle fabbriche sui ciclomotori scoppiettanti e lo sciame verderosazzurro librato su di loro li seguiva come se ognuno di loro si tirasse dietro un grappolo di palloncini legati al manubrio con un lungo filo. Fu da un tram che se ne accorsero: – Che guardino! Ehi, che guardino! Cos’è che c’è là in cima? – II tramviere fermò e scese: scesero tutti i passeggeri e si misero a guardare in cielo, si fermavano le bici e i ciclomotori e le auto e i giornalai e i fornai e tutti i passanti mattinieri e tra loro Marcovaldo che stava andando a lavorare, e tutti si misero a naso in su seguendo il volo delle bolle di sapone. – Non sarà una roba atomica? – chiese una vecchia, e la paura corse nella gente, e chi vedeva una bolla scendergli addosso scappava gridando: – È radioattiva!
Ma le bolle continuavano il loro sfarfallio, iridate e fragili e leggere, che bastava un soffio, e piff! non c’eran più; e presto nella gente l’allarme si spense così come s’era acceso. – Macché radioattive! È sapone! Bolle di sapone come quelle dei bambini! – e una frenetica allegria s’impadronì di loro. – Guarda quella! E quella! E quella! – perché ne vedevano volare delle enormi, di dimensioni incredibili, e allo sfiorarsi tra loro queste bolle si fondevano, diventavano doppie e triple, e il cielo i tetti i grattacieli attraverso queste cupole trasparenti apparivano di forme e colori che non s’erano mai visti
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[Italo Calvino, da Marcovaldo, ovvero le stagioni in città, 1966]

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