Dei nomi della neve

Quando il bel tempo corrisponde alla mia disponibilità, allora amo andare con i miei ricordi per sentieri e strade forestali; osservo, anche, o ascolto, i segnali che la natura comunica con l’evolversi delle stagioni e degli anni. Ma è quando mi accompagno con gli amici o con personaggi della mia terra che il camminare è più assorto e riflessivo. Questi compagni di cammino non sono più fisicamente presenti, il loro corpo è rimasto in luoghi lontani: su montagne, o nella steppa, insepolto; o in cimiteri di paese con una semplice croce, o di città con lapidi e fiori. E’ con loro che mi accompagno e ragiono, ricordando. Qualcuno che non crede, o che crede, può guardare con benevola indulgenza a questo mio modo di esistere. Non me ne importa: ho anch’io molti dubbi ma mi piace, a volte, ignorarli.

(…)

Lassù la montagna è silenziosa e deserta. Lungo la mulattiera che gli austriaci costruirono per giungere nei pressi dell’Ortigara, dove un giorno raccolsi la punta ferrata del Bergstock che è qui sulla libreria, ora non passa più nessuno. La neve che in questi giorni è caduta abbondante ha cancellato i sentieri dei pastori, le aie dei carbonai, le trincee della Grande Guerra, le avventure dei cacciatori. E sotto quella neve vivono i miei ricordi.

[da Sentieri sotto la neve, 1998]

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Grazie di essere stato, vecio, e di essere stato parola.

Poiché ormai la neve della nostra storia di famiglia ha il tuo nome, Sergente.

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