Mirror (writing)

Seduta di traverso in corridoio, parlavo al telefono e insieme sentivo frusciare qualcosa dietro la porta di casa. Finita la chiamata, ho riagganciato e per un secondo mi s’è fermato lo sguardo sulla cornetta verde, quando mi sono voltata di nuovo verso il bisbiglio mi avevi aperto la porta. Scrivevi qualcosa seduto sul pianerottolo, con un filo di fiato seguivi quello che la tua mano tracciava sul foglio. Avevo paura, stavo immobile davanti alla porta spalancata e ti sentivo e non capivo. C’era questa porta di legno chiaro, un intrico di rami di edera scolpiti in cui potevi passare facilmente le braccia. A un tratto mi sono precipitata a chiuderla ma tu, ridendo del mio terrore, hai allungato una mano dentro e hai fatto ciao. Allora ho preso un tagliacarte affilato cercando di pungerti ma le tue mani scappavano via comparendo prima vicino ad un ramo e poi all’altro ma sapevi che non volevo farti male, non riuscivo a prenderti e con un mezzo riso quasi di compassione m’hai dichiarato inoffensiva. E mi sono arresa. Stanca, mi sono seduta davanti alla porta chiusa per modo di dire e da lì con una fatica – o una resa – infinita ho trovato la forza di guardarti gli occhi liquidi e verdi attraverso il miele del legno e dire solo:

– Alessa’, ma che t’ho fatto di male stasera?

Con quella tua voce emiliana bassa, brutta che pare che viene da una voragine hai detto continuando a scrivere:

– Niente.
– Ah. E perché,allora?
– Il bombardamento.

Come fosse qualcosa di cui avrei dovuto ricordarmi. Ho aperto la porta senza alzarmi e ti ho trovato seduto a gambe incrociate esattamente come me, dall’altra parte della soglia, con un quadernino sulle ginocchia e una penna in una mano con cui giocavi puntandotela qua e là sul viso. Hai alzato un sopracciglio come a dire: eh, era ora. E mi sono ricordata di una cosa.

– Aspe’, ho una cosa che ti volevo dare da un sacco di tempo, te la conservo tipo da ottobre dell’anno scorso.

Non hai alzato gli occhi dal quaderno, ho allungato il braccio fino al tavolino lì accanto. Doveva essere una castagna matta e invece avevo in mano un melograno. Piccolo piccolo, maturo e rinsecchito, di quelli che vengono fuori da quella pianta che mia madre tiene in vaso sul balcone. Quando mi sono accorta che non era quello che pensavo l’ho nascosto nel pugno chiuso, senza dartelo. L’hai guardato di sfuggita con indifferenza:

– Mmmh, no. Solo sangue vero, in questo spettacolo.

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8 Commenti a “Mirror (writing)”

  1. Tristanbantam ha detto:

    E’ sempre un piacere leggere le tue parole. Non passavo da tempo e mi sono chiesto il perché. Forse qui c’è qualcosa di inconciliabile con la fretta, la superficialità, il rumore, cose che inevitabilmente invadono la mia vita come quella di molti altri. Bisogna trovare il modo e il tempo di ascoltare con te queste eus. Grazie Keroppa, un abbraccio.

  2. utente anonimo ha detto:

    rullo di tamburi

    trrrrrrrrrrrrrrr

    trrrrrrrrrrrrrrr

    trrrrrrrrrrrrrrr

    bacio!

    fra

  3. Dichtung ha detto:

    Herzlichen Glückwunsch zum Geburtstag!

  4. miroslava ha detto:

    gioiosi festeggiamenti!

    come dite in speciale colorato occidente, cento di questi giorni. 5 marzo adesso sarà fino a metà giugno! 🙂

  5. utente anonimo ha detto:

    almeno 🙂

    (5+1, voleva dire; oggi è il 5+2 o il 6+1, per dire).

    fra

  6. miroslava ha detto:

    no, voleva dire proprio 5: sindaco di PBD, ragionier Dolgiruki (che da del tu con calendario) fissò due giorni bisestili per risolvere problemino di bilancio.

    Oggi 6 (anno, meglio che non dico).

    Tecnicamente genetliaco siniorina adorata è oggi: scuole e uffici chiusi in PBD, grande giorno di visita guidata in fabbrica di caramelle, visione pubblica di film “Est è rosso”, su grande incendio del 37.

    Auguri!

  7. keroppa ha detto:

    La vogliamo finire, la? 😀

  8. Dichtung ha detto:

    Nein, nein, nein, es geht weiter und weiter und weiter…

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