Riparami (l’anima)

Un pomeriggio così-così, diciamo. E una sedia che a starci incollati sopra per sei ore mentre fuori fa un bel caldo – il primo che da quando sono qui è durato per tutta la giornata – comincia a ispirare pensieri del tipo: mo’ te rong’ père.

Mi alzo per prendere un bicchiere d’acqua, ed è un gesto pesante con cui mi pare di sollevare quintali di carne e vincere una gravità che tira verso il basso più degli altri giorni… ma è sufficiente per svegliarmi e tranciare di netto la catena che mi teneva piantata qui davanti. Si aprono le porte della testa, guardo fuori, mi investe un pensiero: aria, perdio. Aria, aria, aria.
E poi non è che un attimo: borsa, chiavi, quaderno. Basta, mo’ lo faccio, dico ad alta voce. E’ passato quasi un anno ma vabbuo’, questo è il pomeriggio giusto per tornare a trovarlo. Non si ricorderà più di me, ma come che canta ormai glielo so dire, quello che c’è da fare si potrà fare ugualmente, spero.

Lo becco a un’ora dalla chiusura in un momento di calma, evidentemente, che sta fumando una sigaretta sulla porta del negozio. E’ letteralmente imbalsamato, uguale al se stesso di un anno fa. Sono scesa dalla bici prima di salire sul marciapiedi, e non mi dà il tempo di aprire bocca.

Eh, brava, cussì se fa! No come quei ragazzetti che i me ammacca tute le ruote…

(me ammacca? Ah, grandezz’e ddio, quant’è bello ‘st’uomo… nemmeno fossero le sue… )

– Eh eh, no, è che non è proprio adatta a salire sui marciapiedi in corsa…
Ma nianca le mountain bike, te dico! Terreno, pietre, ghiaia, fango sì… ma lo scalin… xe roba che ammazza tute le bici, mica che te lo trovi in natura! Per me li dovrebber limar tuti!

Mi scappa una risata.

Allora… che fine ti ga fato?
– Eh? Come, scusa?
Come, come? Non eri venuta l’anno passato? Cossa che te gavevi, il cambio da remétere a punto… o no?
– Oh. Ma… ma… scusa… ma che, ti ricordi?
Bojacan, se non me ricordo! Ah, ma voi giovani fate sempre cussì, ‘cidenti a voi! Prima venite qui cinquanta volte a chiedere consiglio su questo e su quel’altro, roba che uno quasi ve adòta, e poi un giorno all’improvviso non ve fate veder più nianca col binocolo…
– ‘aspita…
Eh, ‘aspita. Ci sarebbe da mollarve un par de s-ciafòni, sai! Ma dico io, passate ogni tanto a salutare, che ve costa? Che poi che credi, quanti clienti napoletani go, io, secondo te?
– Uh. Eh. Ehm…

(aaaaaaah… tanta è la sorpresa che tralascio persino la solita precisazione sull’esatta provenienza…)

Eh. Ma allora, insomma… che gavemo da far, alora, qua?
– Eh… ecco… sempre lo stesso. Ti dovevo dire che rumori fa dopo averla portata su pista ciclabile per un po’ di chilometri…
Bon, speta che prendo carta e penna.

Sparisce un attimo dietro il bancone, torna con un notes e una biro nera.

Dime i numeri cussì come che stanno scritti sul tuo cambio, eh.
– Allora, dunque: sulla la terza corona il sei non entra proprio, passa sempre al sette. Poi appena c’è un po’ di pendenza in salita il cinque fa uno scatto e tenta di passare al sei ma si inceppa, e se non cambio io sta lì a fare clac-clac sul sei senza entrare. Quando sono alla seconda corona e devo passare alla terza, se sto sul sette la catena non riesce a salire e devo passare al due o al tre per farcela passare. La prima va bene, in genere. Ah, e dopo un paio d’ore che vado, il pedale destro a un certo punto comincia a cigolare, e parecchio.
Mh-mh.
– Bene?
Sissì. Niente d’altro?
– No no…
Bene. Senti, adesso no ghe xe nissuno… se puoi spetarme un po’ te la faccio adesso.
– Uh, magari!
Alora vien dentro, va’.
– Grazie!

Mi fa sedere su uno sgabello in officina, mentre lui lavora. La appende su un braccio che sta fissato al muro e la tiene sospesa ad un’altezza comoda per il lavoro. Svita con pochi colpi decisi, ogni tanto butta l’occhio sul notes, corregge l’inclinazione di un dente di una corona… e intanto parla, fa domande su domande, e per rispondergli perdo il filo di quello che sta facendo. E io che volevo rubare un po’ di mestiere. Chiede cosa faccio in generale e cossa che te fa qua in Friul, se mi trovo bene, quanto e da quanto vado in bici, e perché mi piace, e soprattutto perché abbia fatto passare tanto tempo prima di riportargli la mia.
Sono talmente disorientata dalla valanga di domande che finisco con il rispondere a tutte, con tutti i perché e i percome, fino a dire della pausa forzata dello scorso anno, l’abilità da poco recuperata e tutto il resto, con quella leggerezza con cui si parla tra viaggiatori che a un certo punto mi ero persa un po’ per strada. Che strano, poi… nemmeno mi ero accorta di non avercela più con me. Chissà, chissà dove l’avevo lasciata…

… e comunque. Dovunque l’abbia perduta, oggi questo signore dalla faccia un po’ squadrata me ne restituisce un vagone, dono quanto mai inaspettato e per questo infinitamente gradito. Parlando lo guardo fare il suo lavoro senza mai alzare gli occhi, preciso, calmo, concentrato sia sui pezzi della mia bici che si rigira tra le dita sia su quello che stiamo dicendo. Poi vedi come che va ‘desso che te lo reméto a registro per bene,  promette con una certa soddisfazione, lui, a un certo punto… e a me sembra che con quelle chiavi e pinze e bulloni e bulloncini stia rimettendo a registro anche me – mani, piedi, testa, parole. Perché mi si sono svegliate all’improvviso anche le parole, sai, vorrei dirgli, insieme a tutto il resto, dopo che me le ero perse insieme alla capacità di parlare con tutta la semplicità di cui c’è bisogno la maggior parte delle volte a questo mondo. Me ne accorgo solo ora, solo adesso che mi ascolto parlare senza il solito sforzo di nascondere l’accento e la cadenza di cui avevo sempre avuto una mortale vergogna fuori dai confini della mia terra. Ma cosa è successo? Cosa si è rotto, quale argine ha ceduto, infine?
E sì, dunque: poiché da qualche parte ha ceduto un argine, ora c’è da riassestarsi dopo la piena. E allora sì, biciclettaro, rimettici a registro tutte e due, che di strada da fare ce n’è fin troppa, ancora.

To’ la tua bellezza strìaca
– Eh, grazie…
Sei a posto per un bel po’, adesso. Divertiti, eh.
– Eh eh, non mancherò…
E vien trovarme, ogni tanto, però!
– Eh, ho capito, ho capito. Con la memoria che ti ritrovi mi sa che è anche meglio…
Ecco. Sennò prossima volta te svito tuto in modo che te trovi col culo per terra dopo quìndese chilometri esatti, e prima che te vengono a prendere…
– Eeeeeh!
Tu sta’ a sentirme.
– Vabbuo’, vabbuo’…
Ciao, eh.
– Mandi!
Stat’ buon’!, fa sorridendo con una pronuncia tutta strana, con le vocali aperte e senza le doppie.

Eh, pure tu, bicicletta’.

Volo via verso la stazione, la passo e poi al primo ponte piego a destra e fuggo verso la campagna che mi inghiotte all’imbrunire nel profumo del grano maturo, intenso come quello di tutte le ricchezze della terra che richiedono fatica. In alto nel cielo, dietro una fila di alberi, voci di bambini. E un aquilone.

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4 Commenti a “Riparami (l’anima)”

  1. EzraRhesus ha detto:

    ecco, per esempio da me i biciclettari si sono riconvertiti in venditori di prodigi cambio shimano in fibra di carbonio che non necessitano di manutenzione alcuna, registrazione freni, grasso. se buchi, solo fai da te, no alpitour ahiahiahia-ahi.

  2. keroppa ha detto:

    Eh, ormai penso che una foratura richieda il fai-da-te un po’ ovunque (“nooo, ormai c’è la bomboletta, vedi, oppure ti compri direttamente una camera d’aria nuova, costa meno che a ripararla in quanto a tempo e costi”). Però in compenso qui vendono ancora (e quindi sanno avere a che fare con) di tutto, sia i prodigi cambio Shimano che certe bellissime Bianchi pesantissime simil-anteguerra che non vedevo più in giro da una vita. Sarà che da queste parti ci vanno proprio tutti, in bici, ultrasessantenni in primis…

  3. keroppa ha detto:

    Bella, bellissima l’immagine delle parole che *improvvisamente si svegliano*…

    Me le immagino bambine, le tue parole dormienti.

    Di quelle che dormono con i pugnetti chiusi, che son già promessa delle battaglie *donne* di domani, e con la boccuccia sempre in movimento, preludio di sogni e delle farfalle che saranno.

    Bella immagine, *eus*.

    E bella *tu*, quando ti lasci andare sulla carta così – ché uno non smetterebbe mai…

  4. Anonimo ha detto:

    Eh. Battaglie, farfalle… magari.

    Bello è semmai quando passi di qua, ragazza, ché i tuoi occhi scorgono prodigi dove normalmente a stento ci sarebbe un fruscio di rumore bianco… 🙂 Grazie.

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