[Un appunto per la siòra. Ma anche in generale, boh]
Sta in un altro posto. Perché era lì che stavi buttando giù un commento su sua richiesta – du’ parole e qualche link su una questione che ti sta molto, molto a cuore, dovevano essere – quando a un certo punto da qualche parte qualcosa si è rotto, un argine forse, e ti sei ritrovata in piena esondazione.
E’ un pronome, una voce che non conosci, quella. Dovrebbe essere la tua e invece è la prima volta che la senti. Ti leggi, e non ti sembri tu. Io. Insomma, quello. Soprattutto perché in realtà si tratta di cose viste, lette, ascoltate, assorbite altrove, in altri luoghi, da voci altre che ti si sono sedimentate addosso nel tempo. E tuttavia ci sei, lì dentro, non puoi negarlo in alcun modo, e quasi più in carne e ossa e gesti che qui. Che impressione.
Ti torna in mente quella volta in cui s’era detto che gli amici che fanno da cavatappi sono una benedizione, quando il sughero incastrato nel collo di bottiglia siamo noi. Ecco. Così.
(grazie, Lu’)
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