Primi vengono i pioppi, i bianchi, i grigi e i neri.
Poi la betulla e il tiglio, l’acero di campo e l’olmo col cugino bagolaro. Il suo sambuco, anche.
Poi i carpini, le acacie, tulipìferi e gli ippocastani.
In gran corteo si svegliano ancora i salici – da ceste, grigi, bianchi, rossi, ripaioli.
Ultimi, grandi, calmi, vengono i platani a forma di acero, e gli aceri a forma di platano.
[E in una piazza si scorge, rigoglioso e sprezzante, l’inconfondibile verde scontroso di un gruppo di lecci disposti in fila, con tutti i penduli fiorellini prepotenti esposti a sud. Oh. Se ce la può fare un leccio, quassù, allora sì che un eucalipto non ha niente di cui preoccuparsi…!]
dimentichi in che mani è, l’eucalipto.
Volevo partecipare.
Ma veramente, calave’, se a queste latitudini ci sta pure quello sprùcido del Grande Padre della macchia mediterranea… 😉
qua, dinnazi a me, un bellissimo sambuco..
😀
Preso! Grazie!
mh, stanotte ho sognato che l’eucalipto era coperto di lumachine nere bavose: non cerchiamo interpretazioni psicanalitiche, era vera angoscia da botanica primipara. invece la creatura sta bene. conto le foglie, io.
baci 🙂
manu
di nulla… grazie a te 🙂