Comunicazioni di servizio (per i ciclisti della domenica, ma anche no)

– Ehi, voi di Fiume Veneto: per favore, qualcuno passi a dare una sforbiciata al ramo di noce che pende sulla pista ciclabile di Via San Vito, dove c’è la rete da cui si vede un parco giochi per bambini.
Per i ciclisti che passano di là: appena vedete dall’altro lato della strada l’insegna verde della COOP incollate la fronte al manubrio, contate fino a dieci e sperate che dall’altra parte del muro di foglie non ci sia nessuno, in un senso di marcia o nell’altro. Potreste addirittura sopravvivere.

– Quest’anno i rovi sono fioriti in estremo ritardo, ma le more sono in perfetto orario sulla tabella di marcia.

– All’altezza della solita frazione di Rosa di San Vito, nel letto del Tagliamento non c’è più nemmeno una goccia d’acqua. Niente acqua, niente voci, niente, a parte incredibili stormi di rondini irrequiete e coglioni con SUV e fuoristrada che arrivano sgommando sul greto a tutta velocità, mancandovi per un pelo e alzando nuvoloni di polvere che accecano voi ciclisti di passaggio e i soci del club di Aeromodellismo Tagliamento, che non mancheranno di offrirvi di usare la loro fontana per sciacquarvi gli occhi se vi vedranno arrivare con la faccia bianca e le guance solcate da pesanti lacrime, incazzatissimi Pierrot dell’ultim’ora.

– Se vi doveste trovare a passeggiare per il parco fluviale, poi, occhio ai rovi che in questi giorni sono un trionfo di frutti pronti per le vostre marmellate e crostate migliori. Quando sarete lì a raccoglierle, presi dall’immancabile raptus bucolico, fate attenzione alle vespe: se ne notate qualcuna che sembra gironzolare con una certa insistenza intorno ai rami che state innocentemente depredando cambiate subito ramo, meglio ancora spostatevi di qualche metro e cambiate cespuglio. Non è sola. I rinforzi – se avrete la sfortuna di tirar via una mora dal ramo sul quale è appeso il loro nido provocando loro un sisma del nono grado della scala Mercalli – arriveranno in massa e colpiranno senza alcuna pietà, e voi avrete a malapena il tempo di rendervi conto cos’erano quei venti puntini giallognoli spuntati dal nulla che sono precipitati sulle vostre gambe come bombette di una cluster.

– Se infine, al termine di una assai poco dignitosa fuga in cui avrete tentato di portar via a piedi voi stessi e la vostra biciclettina correndo scompostamente stringendo il sacchetto delle quattro more che siete riusciti a raccogliere con una mano e il manubrio con l’altra (senza però tralasciare di ferirvi a sangue i polpacci con i pedali), doveste ritrovarvi con una o due punture sulle ginocchia, non dimenticate che siete stati fortunati (loro erano almeno in venti) anche se vi trovate assai distanti da una farmacia. Non ne avrete bisogno, della farmacia, perché in caso di shock anafilattico non farete in tempo nemmeno a dissotterrare il cellulare che dal profondo della bisaccia, mentre in caso contrario basterà che ripeschiate dalla memoria l’amata figura della buonanima di vostro nonno, e ricordare così che per far passare presto il dolore basta la leggera ma decisa pressione di due dita intorno al centro del bozzo che intanto vi sta crescendo sul ginocchio destro: il liquido iniettatovi dalla povera vespa terremotata che non è ancora stato assorbito fuoriuscirà, e il dolore lascerà in pochi minuti il posto ad un gonfiore che pulserà debolmente ancora per un po’ ma che vi permetterà di riprendere una qualche forma di contegno, rimontare in sella e macinare – con calma – i trenta chilometri che vi separano da casa.
Oh, se però ad un certo punto doveste udire una flebile voce che sussurra ucciiiiidiiimiiiii provenire dal bubbone, mi raccomando, non fate gli eroi e chiamate il 118.

E poi fatemi sapere cosa siete riusciti a farne, delle more.

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