Comeché

– "Tienimela en soferénsa per un par de setimane, poi me la riporti, mi dici come che canta e la mettiamo a posto".

Così, ha detto. Eppure la richiesta era stata semplice: "dunque, avrei bisogno di rimettere a punto il cambio, ché con alcuni rapporti fa tutta una serie di rumori strani, mentre alcuni proprio non entrano…".
Ma quando sul mio volto sono emersi un certo imbarazzo e un’espressione del tipo tipregoscusascusascusanonhocapitoniente! deve aver intuito qualcosa, lui. Che ha un bel negozio, enorme, pieno di meravigliose mountain bike e un nutrito campionario di articoli correlati, ma anche dal retro dotato di una grande officina dove si prende cura di qualsiasi bicicletta gli venga messa tra le braccia come se fosse la sua. Che poi mi sembra il minimo, con quello che si fa pagare.

– "Che… c’è?", mi fa allora.
– "No, scusa, è che io con i termini tecnici non è che…".

Ha occhi dello stesso azzurro del cielo di questa bella giornata di primavera, pelle trasparente e mani di cuoio. Sorride da dentro quel cranio un po’ squadrato che sembra gli abbiano modellato con una morsa da fabbro, il biciclettaro, che sospira con aria a metà tra il rassegnato e il divertito. E’ uscito fuori per venire a vedere la mia bici, e sul vetro della porta d’ingresso alle sue spalle campeggia un grosso adesivo blu che dice SIATE GENTILI CON I CICLISTI.

– "E va be’, no ghe xe mica roba da tecnici… comunque volevo dirte: portala su pista ciclabile e su strada liscia – no bianca, me racomando – prova tutte le marce del cambio e ricorda tutti i rumori che te fa. Quando torni mi dici quello che hai sentito e te la reméto a nuovo, va bén?".

– "Ok, bon, te devo dir come che canta… ho capito, eh", gli dico trattenendo a stento una risata.

La sua invece scoppia forte, e senza preavviso. Quando lo saluto, mi prende pure in giro:

– "No te va mica tanto mal, però… ciao, sai!".
– "Mandi!", gli grido mentre mi allontano pedalando, con la sua risata ancora dietro le spalle.

En soferénsa, ha detto. E poi gli devo dire come che canta. Be’, non fa una piega. Come che canta… come che canta…

Oddio. Adesso che ci penso, il telaio di alluminio con cui sto facendo amicizia da qualche mese a questa parte è emigrante, come me. E xe strìaco, pure. Speriamo non mi canti in tedesco, sennò saranno risate. ‘N’ata vòta.

– continua –

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