Angolo di Appia Antica (epilogo)

"I wish that under crimson sky peace was made between you and I.
Streets were clear and we could go to find a life that we don’t know".

(Gazpacho, Ghost, 2003)

 Dismessa. L’Appia Antica qui da noi è una strada dismessa.
Ma ‘dismesso’ è una parola che si incontra frequentemente dalle mie parti, ed io stessa spesso non faccio che sorprendermene. Strade dismesse, fabbriche dismesse, beni culturali dismessi, aree demaniali dismesse. Sembra quasi che quest’angolo di Campania in cui sono cresciuta sia esso stesso in via di dismissione. Forse è per questo che qui tutto è così bruciato dal sole, opaco, abbandonato. Ai margini del capoluogo, sorprendemente poco più in là, verso sud, c’è tutto un mondo che langue, dismesso, sì, come un vestito che non si usa più, una striscia di terra di cui nessuno vuole più prendersi cura. Casa mia è un posto dove il tempo incespica, rallenta, poi si rialza, prosegue a passo veloce e salta a pie’ pari qualche fosso, qualche asperità del terreno. Poi inciampa di nuovo su qualche masso di tufo, si ritrova di nuovo a viso a terra, e così via. Nonostante la velocità di certi cambiamenti del paesaggio, nonostante l’avanzare di certi cosiddetti rinnovamenti, questo continua a sembrare un posto di frontiera, di passaggio.

Sarà questa strada, che qui è vecchia come il mondo.
Sarà questa terra, così bella e così stanca, che lasciata a se stessa ritrova in certi angoli l’inaudito vigore che portò qui gente di tutte le razze, in un po’ tutte le epoche. Sarà che al mondo il tempo non scorre allo stesso modo da nessuna parte.

Sarà. Sarà.

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