(gèr-me) ~ sostantivo maschile, che in biologia indica lo stadio iniziale di sviluppo dell’embrione, o anche l’insieme di cellule a funzione riproduttiva. Figurativamente sta per principio, causa prima, e in ambito letterario Manzoni lo usò per germoglio. In fisica, infine, è il corpuscolo o la carica elettrica intorno a cui si raccolgono le molecole di un vapore o di un liquido nella fase iniziale di una condensazione o una solidificazione.
* dal latino gērme(n) [corradicale di gēnus, genere], che sta per gêrb-men, ovvero la cosa concepita. Sua reale scaturigine sarebbe la radice GRABH- [ > inglese grab], analogo di GARBH-, prendere (sanscrito grbh-nati), da cui proverrebbe il senso di comprendere, contenere, concepire, alla quale poi si ricondurrebbero anche il sanscrito gharbhas (analogo allo zendo garewa), feto, l’antico alto tedesco chalb (moderno kalb) e, risalendo, il got. kalbôn, vitello, e l’antico slavo zrebe, che sta per grebe, cucciolo d’animale (che si potrebbe confrontare con grembo). Un’altra frangia di linguisti, però, lo riconduce direttamente alla stessa radice di genô, produco (cfr.: gente), alla cui origine starebbe gēn-men > gēs-men > GĒR-MEN (dove -MEN sarebbe suffisso puro).
(Deriv.: germàno, germinàle, germinàre, germòglio)