Roma, Qube, venticinque aprile duemilacinque. Passate da non molto le ventidue e trenta.
L’ormai patologica, insufficiente aderenza del Linguaggio umano alle Cose non sempre è soltanto un peso, o una condanna.
Possono arrivare di tanto in tanto, durante il corso di un’esistenza – vere e rare come un gesto innocente – due ore scarse in cui, anzi, si può vedere questa deficienza mutare, e prendere forma di… dono. Come una benedizione. Altroché. In un abbraccio di vetro che va in frantumi, lasciando sul pavimento costellazioni di scintille.
Grazie a chi era lì, ieri. E a chi, pur essendo altrove, ugualmente c’era.
"Feeling all your touching
Feeling all your blood
Feeling all your touching
Feeling all your love.
Seen it through a windscreen
Seen it through the glass
Seen it in a bad dream
Seen it in your heart".